Day-emotions
di Daniele Conti
Spesso succede a fine giornata di avere la sensazione di riuscire a bene identificare lo stato d’animo che ci portiamo a casa. Perché non dargli un colore?
Perché lo facciamo?
È una bella abitudine quella di ripensare a fine giornata alle cose che hai fatto tra casa, scuola, lavoro, sport e impegni extra. Riguardare indietro e chiedersi, arrivati alla sera, “Ma io sono felice?” o “Come mi sento oggi?” ci fa prendere contatto con noi stessi senza buttarsi troppo giù per le cose andate storte e senza esaltarsi per quelle andate bene.
È un qualcosa alla portata di tutti, che si può fare anche in maniera creativa e divertente per i più piccoli e per tutta la famiglia: qui, infatti, il bambino ritrova sempre un luogo di protezione e di riparo ed è, dunque, questo il posto in cui esprimersi liberamente.
Che cosa si fa?
Genitori e figli si ritrovano dopo cena e insieme stilano un elenco di emozioni (gioia, rabbia, paura, felicità, preoccupazione, stress, soddisfazione, delusione, amore…). Ogni famiglia ne troverà quante ne vuole. Per ogni emozione si associerà un colore, procurandosi prima dei cartoncini colorati. Ci saranno situazioni del tipo: “Per me la gioia ha il colore giallo…”, “No, per me l’arancione…” e la famiglia dovrà decidere assieme quali saranno i colori delle loro emozioni. Una volta stabiliti i colori, si spezzetteranno i cartoncini colorati in piccoli biglietti e si metteranno in un contenitore trasparente.
Quando il vostro Day-emotions sarà pronto, la vostra famiglia si potrà riunire ogni sera (o comunque le volte che lo vorrete) e si ritaglierà uno spazio e un tempo per condividere le proprie emozioni, i vostri stati d’animo. Ci si chiederà reciprocamente: “Ma tu, di che colore sei oggi?” ovvero… “Come stai?”. E si sceglierà il biglietto che esprime il vostro stato d’animo della giornata.
Si può poi arricchire la condivisione scrivendo la motivazione della propria scelta sul biglietto oppure dicendola ad alta voce a tutti. La famiglia, però, è sempre tenuta a rispettare il riserbo di ciascun membro nel caso in cui un genitore o un figlio non vogliano dare spiegazioni.
Questo aiuterà a comprendersi a vicenda e a capire che magari mamma ha risposto male perché era agitata per via della cattiva giornata a lavoro; che papà è preoccupato di come andrà la mia gita di domani e, di conseguenza, mi comporterò in un certo modo anch’io; così potrò capire che mio fratello o mia sorella è esageratamente euforico/a perché ha segnato un goal in una partita di calcio o le hanno fatto i complimenti ad un saggio di danza… Insomma, si inizia gradualmente a rispettarsi a vicenda, a capirsi e a camminare insieme, sentendosi una famiglia unita nonostante tutti i difetti e grazie alla bellezza delle emozioni di ognuno.
In fin dei conti è l’idea che anche Papa Francesco sta portando nelle case e nel cuore delle persone: tirarsi i piatti, ma alla fine fare la pace. È chiaro che si arriverà raramente ai piatti e anche papa Francesco lo sa bene, ma certamente il bambino vive e avverte fin da subito sia i malumori sia le gioie della famiglia. È importante, allora, saperle chiamare per nome, attraverso una lancetta che segna il tempo della mia vita e il mio cammino verso la felicità!
Daniele Conti