GIOVANI E ADULTI INSIEME NEL VOLONTARIATO
di Gigi Cotichella
L’età media dei volontari si è alzata: è perché i giovani “non hanno voglia” o perché gli adulti non danno loro fiducia? O il problema è altrove?
Crisi del volontariato?
Non so se è una moda, ma anche nel mondo del volontariato si sente parlar di “crisi”. Crisi di identità, di consapevolezza, di sostegno da parte dello Stato, crisi di ricambio generazionale…
Mi è capitato di occuparmene e, proprio sull’ultimo aspetto, vorrei soffermarmi un po’, per vedere se è possibile riscoprire alcune strade per un volontariato che unisca adulti e giovani.
Gli indicatori sono contrastanti: da un lato sono in aumento i volontari della fascia dai 30 ai 50 anni (i “giovani” di qualche anno fa); dall’altro sono in calo le presenze dei “giovani d’oggi”.
Alla base di tutto, però, pare che non ci sia un disinteresse da parte dei giovani, quanto piuttosto un distacco dalla “socialità”. I giovani pensano che il volontariato sia da ascrivere ad una sfera addirittura privata, più che personale.
Il volontariato e i giovani
“Il volontariato è mio” sembrano dire i ragazzi. Chi non lo pratica, spiega che è volontariato anche aiutare i compagni. Chi lo pratica, invece, non sembra riconoscergli una valenza pubblica: sembra che il volontariato sia qualcosa da vivere e di cui parlare all’interno del suo tempo e del suo spazio.
Sembra che ci sia qualcosa del mondo del volontariato che li attrae.
Il legame con il mondo della difficoltà, o comunque con la possibilità di migliorare uno stato, è dentro questa attrazione. Il volontario affascina. Quando ovviamente è un autentico testimone di quello che fa. Un fascino che nasce dalla capacità di arginare il dolore, la disperazione.
Il volontariato, però, ha, deve avere, una caratteristica: la costanza.
I ragazzi sono capaci di gesti forti, persino eroici. Lo sono sicuramente, più degli adulti. Ma sono appunto gesti, non stili di vita. Episodi, non scelte durature. Quello che spesso lascia sconvolti i ragazzi (e che è fonte di una delusione degli adulti nei mondi del volontariato) sono proprio il tempo e la costanza da dover dedicare al volontariato. Non si sentono capaci di tanto impegno, vuoi per l’agenda fitta come quella degli adulti (nonostante molto tempo passato ad annoiarsi…), vuoi per quella cultura “a zapping”, che porta un po’ tutti a cambiare continuamente.
Inoltre, il volontariato affascina anche per la ricerca di identità, per il senso di appartenenza: anche la “divisa” di certe forme di volontariato ha un fascino. Alla base c’è la ricerca di protagonismo, a volte anche esasperato.
Giovani e adulti insieme nel volontariato
Chi è il volontario? Tendenzialmente tendiamo a identificare il termine volontario con il concetto del “gratis”. È vero, ma in parte. Sicuramente per il volontario non c’è retribuzione monetaria, ma il volontariato rimane un incontro di due “egoismi sani”. Da un lato quello dell’ “utente” (che può essere una persona, un gruppo, un territorio), dall’altro quello del volontariato, che attraverso il suo servizio di fatto risponde a delle esigenze personali.
Nessun volontario sta in un posto in cui si sta male. Il volontariato non si misurerà in soldi, ma di sicuro pretende un’altra moneta: protagonismo, riconoscimento del proprio lavoro e del proprio ruolo, crescita personale. Potremmo dire che siamo di fronte ad un equilibrio così rappresentabile:
Le richieste del servizio, in qualche modo, devono equilibrarsi con le richieste del volontario. È un equilibrio in divenire, che non ha bisogno di essere rispettato in tutti i momenti. Ci sono tempi e tempi. Tuttavia, sui tempi lunghi, l’equilibrio deve rispondere a queste esigenze, pena altrimenti il crollo del volontario e quello conseguente del servizio stesso.
Quando però parliamo di giovani, va inserito nello schema il fattore “età giovanile” che lo trasforma in questo modo:
Risulta evidente che c’è un “peso” in più da parte delle richieste del volontario, non in quanto tale, ma in quanto giovane. Ed è un peso da intendersi non come problematico ma come fisiologico. Quell’aggiunta verde sullo schema, in realtà, fa riscoprire il nostro ruolo educativo in quanto adulti, fa riaffidare il ruolo di crescita dei cittadini alla società tutta e non solo agli enti preposti (o auto predisposti).
Infatti, lo schema va completato, per restare in equilibrio, ovvero c’è bisogno non di un altro peso sulla leva dal servizio, ma di una spinta maggiore dell’ente che si occupa dei volontari.
Sono quindi normali punti di partenza, perché il giovane è sia “già” e sia “non ancora”. Il “già” lo rende attore protagonista a tutti gli effetti.
Il “non ancora” lo rende bisognoso di un sostegno maggiore.
Possiamo dire con molta serenità, che se è normale predisporre alcuni tempi di rielaborazione, di sostegno e di verifica per i volontari adulti, è ancor di più urgente predisporli ed incrementarli per un volontario giovane.
Se è normale avere più attenzioni per i volontari all’inizio, è ancora più normale aumentare l’attenzione nel caso di un volontariato giovanile.
Adulti responsabili di giovani responsabili
Pensare che un giovane abbia bisogno di più attenzione non significa privarlo del suo protagonismo. E neanche corrisponde a dovergli dare dei vizi. Significa aiutarlo a diventare uomo/donna responsabile, cittadino attivo dell’oggi e del domani.
Certo, gli enti potranno notare tutto questo come un peso in più. O, nel migliore dei casi, accettarlo come un prezzo da pagare per avere nuove leve.
In realtà, in gioco c’è molto di più: c’è in ballo una rivoluzione culturale sull’idea di “comunità”, sulla rinascita delle relazioni.
Lavorare in questa prospettiva significa:
- opporre una logica di fiducia (altri creano mentalità positive, che aiuteranno il lavoro anche del mio ente);
- facilità di rete (se l’obiettivo è comune, è più facile trovare punti di intesa);
- possibilità di nuove sfide (insieme si è più forti).
Insomma, la partita si gioca su una tattica di reciprocità: se si vuole che i giovani tornino ad essere giovani, cioè fonti di novità e di freschezza, gli adulti devono tornare a essere adulti, cioè capaci di generare adultità negli altri giovani.
Si tratta di far incontrare le esigenze. Alla ricerca, al desiderio di appartenenza e di impegno dei giovani, devono rispondere i valori, le relazioni e le azioni degli enti. Questi devono continuare a perseguire i propri obiettivi, ma, quasi per assurdo, se vogliono ricevere il dono di giovani forze, devono cercare di rispondere alle esigenze dei singoli, in un equilibrio sempre precario e di scambio reciproco, in un circolo virtuoso dove risiede la speranza di un nuovo volontariato, più forte, più presente, più normale. Questo è il compito degli adulti: investire sui giovani, che prima di essere adulti di domani, sono e rimangono persone e cittadini di oggi.