Prendiamoci un caffè

Scritto da Chiara Cosentino.

prendiamoci un caffedi Jessica D'Angelo

Un contesto informale per mettere in relazioni menti diverse.

 

 

L'attivazione che vi proponiamo è un'idea per creare un'occasione di confronto tra le diverse realtà che fanno parte di una comunità, ad esempio parrocchiale.

È una metodologia, ispirata alla concezione dei caffè di un tempo, che crea un ambiente in grado di stimolare discussioni autogestite dai partecipanti circa un argomento di interesse comune, lasciandosi guidare da alcune domande di riferimento.

Perché lo facciamo?

Questa modalità di dialogo mette insieme l'importanza dell'incontro e della comunicazione tra diversi mondi (World), che fanno parte di un'unica comunità, e l'efficacia dell'informalità (Cafè).
Il World Cafè è un metodo di dialogo che non solo consente ad un certo numero di persone di dialogare insieme, ma favorisce la trasmissione, oltre che l'evoluzione, delle idee dei partecipanti, che si influenzano reciprocamente, sentendosi di conseguenza parte di un insieme.
Una tavola apparecchiata diventa spesso il pretesto per comunicazioni, riunioni, decisioni importanti. L'idea è proprio quella di creare un ambiente che sia accogliente, che dia sicurezza e che comunichi un senso di informalità: quando le persone si sentono a proprio agio, pensano e parlano nel modo più creativo.

Che cosa si fa?

Luogo: al chiuso,accogliente, con tanti tavoli da 6/7 persone,
Destinatari: ragazzi e genitori provenienti da realtà diverse ma facenti parte della stessa comunità (animatori, scout, catechisti, coordinatori, coro, genitori, ecc)
Durata: 2 ore
Materiale: Tavoli apparecchiati per 7/8 persone, fogli, penne e pennarelli, snack, bevande
Disporre i tavoli apparecchiati in modo apparentemente disordinato nel salone e far accomodare i partecipanti in modo da comporre delle tavolate eterogenee per età e per contesto di provenienza. Sui tavoli inizialmente dovranno esserci una tovaglia colorata o tovagliette di carta, piatti, tovaglioli, fogli, penne o pennarelli.
Prendendo ad esempio il tema della relazione tra genitori e figli, il conduttore introduce l'argomento e lancia spunti e provocazioni su cui i partecipanti dovranno elaborare delle riflessioni in mezz'ora di tempo.
In un secondo momento, ogni tavolata dovrà pensare delle attività da far fare a genitori e figli della comunità insieme (anche in questa fase lasciare loro 30 minuti). In questa fase, gli organizzatori si muovono fra i tavoli offrendo un piccolo rinfresco.
Nell'ultima mezz'ora, a turno, un componente per ogni tavolo esporrà ai partecipanti le riflessioni e la proposta di attività emerse nel proprio gruppo.

Consigli per il formatore

È necessario pensare domande o provocazioni che siano efficaci in modo da stimolare la partecipazione di tutti.
Il conduttore può decidere, se lo ritiene opportuno, di cambiare i gruppi nella seconda fase.

Riflessioni e conclusioni

Un punto forte di questa attivazione è la presenza di una fase in cui si concretizza una proposta diretta al proprio territorio, alla propria comunità di appartenenza.
In fase di chiusura, quindi, è facile riprendere il piano concreto, per dare una valutazione collettiva delle proposte emerse, in base all'utilità che si pensa possano avere per la comunità stessa.
Oltretutto, se il processo di confronto e di sintesi viene curato nei dettagli, questa attivazione diventa un buon esempio di progettazione partecipata, in cui le varie voci della comunità trovano occasione di esprimersi: facilmente, quindi, si riconosceranno nelle azioni pratiche che si deciderà di realizzare.

Jessica D'Angelo

Informativa ai sensi dell'art. 13 D.LGS. 30 giugno 2003 n.196
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