COME POSSO FARE PERCHE' FACCIA QUEL CHE DEVE?
Un’educatrice di Moncalieri ci chiede: fino a che punto arriva la mia responsabilità di educatore verso il ragazzo di cui mi occupo?
Questa settimana rispondiamo alla domanda di un'educatrice di Moncalieri (To) che, per quattro ore alla settimana, si occupa di un ragazzo per dargli ripetizioni. Ma lui si dimostra svogliato nello studio e difficile da gestire. La sua famiglia non lo segue e l’educatrice si sente responsabile nei suoi confronti.
“L’ho spronato in tutti i modi. Ma niente [...] Come posso fare perché faccia quel che deve?”
Questo è il suo interrogativo. Dunque, che cosa può fare per indirizzarlo verso l’entusiasmo e la voglia di fare?
Lo Spiazzo prova a darle dei suggerimenti in proposito…
Possiamo sviluppare la risposta su tre piani: il piano dell’educatore, il piano della famiglia e il piano del ragazzo.
Il piano dell’educatore
Il piano dell’educatore è il primo da cui si deve partire e si connette direttamente alla responsabilità: qual è la tua responsabilità? È forse quella di salvare la vita di questo ragazzo scendendo in battaglia? No…
È quella di stimolare i suoi lati positivi e aiutarlo a rafforzare i suoi strumenti affinché possa affrontare al meglio la sua vita.
Il piano della famiglia
La tua responsabilità educativa si connette direttamente con quella del secondo piano: quello della famiglia. È vero, tu ci racconti che questo ragazzo ha passato momenti non belli, e che la sua famiglia è problematica. È normale che ci sia un po’ di annebbiamento o, almeno, è comprensibile. Quello che l’educatore può fare sul piano familiare è “provare”, nelle due accezioni del termine: “provare” nel senso di “insistere” e nel senso di “rendere lampante”.
Ecco allora che dobbiamo cercare delle prove concrete per convincere la famiglia che questo ragazzo può fare di più, nonostante tutto, che bisogna provare ad essere ben saldi come figure educative, per non peggiorare le cose.
Bisogna poi spingere la famiglia a entrare nella “rete”. In questo caso, cercare un contatto più costante con gli insegnanti (per capire realmente quali sono le lacune didattiche e di socialità) potrebbe essere un buon punto di partenza; oppure far uscire il ragazzo di casa per entrare in luoghi “protetti”, sani ed educativi, con i quali sia tu, sia la mamma, possiate restare in contatto per costruire, ancora una volta, una rete stabile (vedi ad esempio l’oratorio del paese, centri sportivi, …).
Il piano del ragazzo
Il terzo piano è quello del ragazzo, o meglio, della sua motivazione. Non stancarti mai di cercare di capire che cosa gli interessi veramente: non la materia che preferisce, ma cosa sia per lui bello e interessante. Anche se non sembra, c’è sempre un 5% di buono da cui partire per far leva su tutto il resto. Cerca un dialogo con lui, in modo che capisca che sei stata a scuola anche tu, che conosci le difficoltà, ma che c’è anche del bello… Sì, dov’è il bello della scuola per lui? Provate a trovarne uno insieme, ma soprattutto ricordati che qualsiasi metodo educativo richiede di saper aspettare. Consapevoli che forse non vedremo mai il frutto dei nostri interventi educativi (per quanto marginali possano essere), l’unica cosa che possiamo fare è portare il meglio di noi stessi, per poter dire con trasparenza: “Io so che ce la puoi fare, adesso mettiamoci in cammino insieme”.
Lo staff de Lo Spiazzo